Battistero della chiesa

Ravazzone è una frazione del Comune di Mori, di circa 270 abitanti; poche case, allungate su un corto terrazzo, ai piedi delle rupi del Camanghen, a destra dell’Adige, ricco di vigneti; la piccola chiesa del villaggio, dedicata a S. Bernardino da Siena, è curata tuttora dai parenti della piccola Mamma.
Qui, il 20 ottobre 1898, nacque Enrichetta Bianchi, la minore dei tre figli di Eugenio e Maria Peroni.
La mamma era un angelo di bontà, dolce e mite, ma forte al tempo stesso, ricca di virtù cristiane e familiari, la quale avrebbe poi lasciato la terra per il Cielo il 21 giugno 1901, quando Enrichetta non aveva ancora tre anni.
Il papà era un uomo affettuoso, ma energico, di vecchio stampo, come si dice; dotato di una fede tenace e comunicativa, che la piccola Mamma ricordando con gratitudine, amava chiamare “predicatore”, atto cioè a correggere e riprendere, per dare ai figli un’educazione fortemente cristiana.
Durante un viaggio che la giovane Enrichetta intraprese da Riva a Trento, fece una tappa diremo “obbligata” a Mattarello, e si rifugiò nella chiesa parrocchiale, sostandovi a lungo; questa tappa non è senza significato se pensiamo che proprio Mattarello avrebbe dovuto accogliere, a distanza di 74 anni, la sua piccola Famiglia spirituale e le sue benedette spoglie mortali. Da Trento poi proseguì il pellegrinaggio a piedi, sola, fino al Santuario di Montagnaga di Piné. Quello che ivi accadde tra la sua anima e Dio, fa parte dei “segreti del Re”, che contempleremo svelati nell’eternità.
Rimase in servizio in città di Trento fino al 1920.
Il 20 novembre 1920 fu operata a Rovereto e rimase sette mesi in ospedale. Il 21 aprile 1923, si mi unii in matrimonio con Giovanni Carollo.
Rimase in famiglia del caro sposo fino al maggio 1924; poi, per affari di negozio si fermarono a Trento fino al novembre 1924. E dal 27 novembre fino all’ottobre 1925 si trasferirono a Feldkirch, dove abitava la sorella di Giovanni.

foto Piccola Mamma giovane

Foto della Piccola Mamma da giovane

Il ritorno da Feldkirch in Italia fu determinato dal richiamo del marito ad assumere il compito di sacrestano nel duomo di Trento, compito da lui svolto precedentemente nella chiesa di Calliano.
La gioia fu grande per ambedue, ma soprattutto per la consorte Enrichetta, che vedeva in tal modo coronate le sue attese e le sue preghiere.
E fu proprio nel viaggio di ritorno dall’Austria, che ella conobbe, sostando in una chiesa, S. Teresa di Gesù Bambino, che doveva poi essere, dopo Maria Santissima, protettrice e modello di vita per lei e per la Piccola Opera del Divino Amore.
La famiglia Carollo si stabilì quindi all’Oratorio del Duomo, portando così alla Cattedrale ed alla Parrocchia un duplice, valido servizio. E fu in questo ambiente, che il 25 marzo 1927 ebbe inizio la malattia della piccola Mamma, che l’avrebbe via via consumata con lungo, sofferto martirio.
Per dovere di coscienza furono tentati tutti i mezzi umanamente richiesti per curarla, ma inutilmente, perché il cuore non riusciva a sostenere le cure. Si fecero altri tentativi, fino a quando il Medico divino manifestò chiaramente che voleva prendere l’esclusiva padronanza anche sul fisico della piccola Mamma…
Da quel momento ella rifiutò decisamente fino all’ultima ora ogni intervento e cura medica per questa malattia che era “per la gloria di Dio”. Ed è ormai risaputo che Egli solo ha tenuto in vita ancora per decenni questa creatura, la quale clinicamente non avrebbe potuto vivere. Ma è pur sempre vera la parola del Salmo che dice: “Il Signore fa morire e fa vivere”, molto più se si pensa ad altre sofferenze di cui venne favorita in seguito e che a suo tempo il Signore manifesterà.
In seguito, dall’Oratorio, i coniugi Carollo passarono al Castelletto del Duomo, dove si prodigarono per il servizio della Cattedrale ed il decoro dei Sacerdoti, anche per quanto riguardava il cucito, essendo il marito sarto e la moglie abilissima in questi lavori, come del resto in ogni attività domestica.
Così venivano aggiustati, rifatti ed anche confezionati biancheria, paramenti, vesti talari e altro.
Durante la guerra del 1940-45, dopo il primo tragico bombardamento di Trento, fu portata a Pergine, a B esenello e poi al Grill, sopra Montagnaga di Piné, dove visse tra gli sfollati in casa di due buoni vecchietti sino alla fine della guerra.
Nel giugno 1948 morì Marcello, nipote carissimo, già alunno del Seminario Maggiore ed uscito da esso, perché si sentiva indegno di diventare sacerdote. La zia Enrichetta lo aveva ripetutamente esortato a rimanervi, ma invano; allora ella gli disse francamente che Gesù sarebbe venuto a prenderlo presto. E così avvenne. Si iscrisse all’Università di medicina, ma non arrivò a frequentarla, perché ben presto si ammalò. In seguito, dall’ospedale, dove si trovava gravemente infermo, egli volle farsi portare al Castelletto del Duomo per morire lì. Venne assistito con tutti i conforti religiosi e dalla presenza continuata della zia Enrichetta, morendo in modo edificante durante le solennità del Corpus Domini. Aveva 22 anni. Intanto le sofferenze della piccola Mamma progredivano con fasi acute, da cui pareva che non si potesse più riprendere; Gesù però, che ha in mano la vita e la morte, la lasciava andare fin sull’orlo e poi la rimetteva in piedi, almeno per quel tanto da compiere, pur tra continui dolori, la sua triplice missione: la famiglia, la chiesa e le anime, che già venivano a cercarla per avere una parola di aiuto e di conforto. Gesù ci ha redenti sul Calvario. Maria, madre del Capo e della membra, ci ha generati nel dolore; perciò anche la piccola Mamma doveva collaborare alla salvezza delle anime col suo soffrire, come le aveva scritto da Reggio Calabria il venerato Vescovo Enrico Montalbetti, con cui ella aveva avuto molti rapporti d’anima: “Compio nella mia carne ciò che manca alla Passione di Cristo per il corpo di Lui che è la Chiesa”. Sono parole di S. Paolo che Montalbetti riferiva alla piccola Mamma.
Gli anni 1948-1952 furono gli anni in cui Dio manifestò maggiormente il suo lavoro nella piccola Mamma. Fu in questi anni, che all’ombra della Cattedrale, chiesa madre della Diocesi, nacque la Piccola Opera del Divino Amore: il primo nucleo, che doveva poi sostituirsi in parte con altri elementi ed avvicendarsi anche in seguito con nuove unità. Via via le persone affluivano sempre più numerose ed ella tutte accoglieva con premura materna, lasciando nei cuori tante pace, e pur cercando solo il nascondi-mento, è venuta a contatto con persone di ogni ceto e provenienti dalle parti più disparate.

Le nozze d'oro con il marito

Le nozze d’oro con il marito

Il 7 ottobre 1974 mori il marito della piccola Mamma, Giovanni, dopo cinquant’anni di servizio alla chiesa, come sacrestano solerte ed appassionato. “Gli sta a cuore più il Duomo che la sua casa” diceva infatti con scherzoso compiacimento la piccola Mamma. Per lei la morte del consorte fu un grande, profondo dolore, perché lo amava molto, con amore forte, ma sensibile e delicato. Si temeva che il cuore, fisicamente distrutto, cedesse, invece è stato superato anche questo momento, nell’abbandono alla divina Volontà, ben sapendo per fede, che il distacco dai nostri cari defunti è solo temporaneo, come le scrisse l’Arcivescovo Alessandro Maria Gottardi, che si dimostrò in quell’occasione, come in tante altre, veramente “Padre”. L’anno precedente, in aprile, la piccola Mamma aveva festeggiato le nozze d’oro, col sig. Giovanni, ricordando certo, nel silenzio del cuore, il suo matrimonio e la sua famiglia, modellati sulla casa di Nazareth, per la realizzazione del Piano di Dio. Negli anni seguenti, la Piccola Mamma si premurò ancor più per dare alla Piccola Opera del Divino Amore una realizzazione più conforme alla consegna avuta ed una dimora più spaziosa per vivere. Così, dopo lunghe ricerche, sotto la guida di un valente Sacerdote, fu trovata l’attuale casa di Mattarello, che, ideata e seguita nella sua ristrutturazione da un geometra amico della Piccola Opera, era pronta per l’autunno del 1978.
Era il 3 ottobre, quando si lasciò la casa di Trento in Piazza d’Arogno per il trasloco a Mattarello, sotto una pioggia torrenziale. Sembrava che il creato stesso volesse accompagnarsi al dolore per il distacco dall’amata dimora, dove la piccola Mamma ricevette grazie straordinarie. Ma anche in questa circostanza ella seppe accettare con silenziosa, esemplare fortezza, i disagi del trasloco. Si devono a questo punto ringraziare le molte persone che hanno offerto il loro generoso aiuto in quel momento di fatica. A Mattarello continuò la sua immolazione per la Chiesa, i Sacerdoti in particolare; continuò la sua missione verso l’Opera e verso le anime, fino all’ultimo: anime che venivano ogni giorno per avere un conforto, un consiglio, una preghiera. Le lontane, chiedevano per telefono e sia alle prime come alle seconde, dava l’aiuto richiesto, dimentica di sè, del suo male e del suo affaticamento.

La Piccola Mamma al telefono

La Piccola Mamma al telefono

Nell’estate 1980 ebbe un forte collasso ed anche la vista diminuiva sempre più; tuttavia si trascinava ancora per tutto il corridoio fino alla cappella della Mamma Celeste per pregare con le persone e poi ascoltarle ed aiutarle. Ma venne il 10 ottobre dello stesso anno, quando un collasso fortissimo, accompagnato da soffocazione ed altre sofferenze, doveva inchiodarla per sempre sul letto, divenendo anche quasi subito completamente cieca. Agli inizi delle sue sofferenze, lei aveva chiesto al Signore di farla patire anche di più, ma di tenerla nascosta. E quando le si chiedeva come stava, come andava con la salute, rispondeva invariabilmente con serena fortezza: “nella divina Volontà”. Non voleva infatti compassione, perché le pareva di fare un torto a Gesù. Ora invece, lo stato di estremo dolore era troppo evidente e tutti si accorgevano di questo, come anche di essere di fronte ad un’anima eletta. “Gesù adesso mi ha messa in piazza” – disse un giorno la piccola Mamma, in tono scherzoso, mentre parlava confidenzialmente con alcune persone, alludendo a questo fatto.
Il 20 ottobre 1986, giorno del suo 88mo compleanno, si fece una bella festa con i familiari ed amici e stava discretamente bene, tanto da accogliere personalmente tutti gli auguri che le vennero espressi sia direttamente che per telefono. La sera però era sfinita, anche perché si stava accentuando un certo declino fisico, già iniziato nei mesi precedenti. Si arrivò a novembre, mese della Medaglia Miracolosa a lei carissima. Ai soliti dolori, si aggiunse la bronchite, con un indebolimento generale e specialmente cardiaco. Si avvertiva l’aggravarsi del male, ma non si voleva credere. Ne ha passate tante, passerà anche questa – si diceva. Era invece una lenta agonia. La sera del 12 novembre fece telefonare al suo Padre spirituale perché venisse da lei e l’indomani mattina egli celebrò la S. Messa in camera della piccola Mamma, dopo averla confessata. Alla fine della S. Messa, le amministrò il Sacramento dell’Unzione degli infermi, già da lei ricevuto più volte in precedenza. E quando, poco prima, il Sacerdote le chiese se fosse contenta di avere questo Sacramento, ella alzò le braccia, illuminandosi in volto, come per assentire con gioia. Anche la S. Comunione le era stata data come Viatico. Ciononostante, non ci si rendeva conto del momento a cui si era arrivati. Lungo la giornata, lo stato di salute rimase stazionario; fino alle 16.30 circa accolse le persone, parlando loro, sebbene con voce flebile ed a fatica. Nel primo pomeriggio, forse due ore prima del trapasso, fissando un punto in alto, si illuminò tutta e disse alla figlia spirituale che l’assisteva: …Oh, che bello, che bello! Certo era un preludio della gloria eterna che l’attendeva ed un conforto per sopportare l’estrema agonia.
Verso le 17 si assopì, mentre si recitava il Rosario. Dopo qualche momento, si avvertì che gli occhi ed il volto assumevano la colorazione dei morenti e che la piccola Mamma stava proprio spegnendosi.
Ma era possibile!?
Fra le lacrime si pregava intensamente e forte, recitando anche il Magnificat, come era suo espresso desiderio. Ma al nostro ripetuto richiamo non rispondeva più.
Intanto arrivarono due persone intime ed il Sacerdote per la celebrazione della S. Messa, il quale la benedisse e senza rendersi conto anche lui della realtà, andò a celebrare il S. Sacrificio per il miglioramento – come pensava lui – della piccola Mamma.
La piccola Mamma emise poi, staccati, due respiri quasi impercettibili, impallidì totalmente, reclinò il capo a destra verso la statua di Maria, e andò ad incontrare il suo Diletto, alla cui morte si era configurata, per rimanere eternamente con Lui.
In cappella si iniziava la S. Messa. Cuore con cuore. Ostia con ostia.
È andata in punta di piedi com’era vissuta, nel nascondimento e nell’immolazione. Ha parlato lungo tutta la vita di Gesù, di Maria, di salvezza e di santità; nella morte ha coronato la sua esistenza terrena con un olocausto di silenzio e d’amore.

Funerale della Piccola Mamma

Funerale della Piccola Mamma

Dal giovedì sera, giorno del suo transito, al lunedì pomeriggio, giorno dei funerali, fu un interrotto affluire di persone, da ogni parte, anche dall’Estero ed una preghiera continuata, pure di notte.
Le sante Messe celebrate nella cappella della Madonna, dove era stata ricomposta la salma, e la salutazione angelica ripetuta di momento in momento, di bocca in bocca, furono la risposta immediata al costante desiderio e programma della piccola Mamma di preghiera e di unione con Dio.
Al suo funerale partecipò una folla di anime da lei beneficate.
Uno dei canti eseguiti dal coro diceva: “Io cerco il tuo volto, Signore”…
Questo anelito del cuore della piccola Mamma, è divenuto realtà.
Cantiamo dunque con lei e con Maria:
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”.

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